Nell’ultimo periodo la comunicazione sociale è tornata protagonista attraverso il racconto del Covid. Stati, agenzie, ASL etc… hanno pensato, giustamente, che accanto a interventi sanitari, preventivi e di cura fosse fondamentale comunicare in modo efficace e tempestivo con i cittadini.
Le scelte di stili e contenuti sono state differenti.
C’è chi ha puntato sulla paura in modo narrativo:
Qui il cuore del messaggio è rispettare le indicazioni per evitare il contagio di persone care.
In Germania hanno privilegiato una prospettiva storica e un registro più paradossale:
Gli esempi precedenti hanno, secondo noi, un elemento di ambiguità. Pare che solamente i giovani debbano accollarsi la responsabilità di questa, metaforicamente stonata, “guerra” in un’ottica quasi di aumento dei sensi di colpa.
Sullo stesso solco di “contaminazione generazionale”, l’Italia si è affidata al testimonial di stampo televisivo per promuovere l’utilizzo dell’app Immuni.
Ci sono esempi più metaforici, che in modo semplice, ma che rimane negli occhi e nella pancia, lavorano sullo stesso messaggio con uno stile indiretto e coinvolgente:
Se invece disponi di risorse e tecnologia, puoi inscenare uno spettacolo nei cieli della capitale:
Il mondo commerciale, ovviamente, non è rimasto fermo: ecco come l’Heineken promuove il distanziamento sociale in modo che i bar possano restare aperti:
Noi, nel nostro piccolo, abbiamo preso ispirazione più dalla cosiddetta cultura “nerd”, o meglio dalle narrazioni mediali ormai trasversali alle diverse generazioni.
Ma tutto questo serve? Questi messaggi arrivano? Cambiano qualcosa? Riescono in qualche modo a favorire l’adesione dei cittadini alle norme per evitare il contagio?
Gli interventi mirati ad un singolo e specifico rischio comportamentale, come ad esempio il distanziamento fisico, hanno dimostrato di avere basso impatto sui determinanti del rischio. Rispettare le misure preventive è particolarmente difficile quando si vive e si lavora in condizioni di sovraffollamento. Il focus sul comportamento individuale può creare una cultura di “colpevolizzazione della vittima” (blaming the victim), facendo sentire le persone colpevoli per il fatto stesso di essere esposte al rischio, anche se in realtà questo è spesso indipendente dalla loro possibilità di controllo. La comunicazione adottata, le norme e la loro applicazione non sono state sufficienti ad assicurare che i singoli adottassero le misure preventive raccomandate per il COVID-19. La mancata compliance alle misure preventive continuerà a esistere se il cambiamento dei comportamenti non sarà accompagnato da un contesto di norme e regolamenti che crei un ambiente di supporto favorevole e contribuisca a rendere le persone capaci di controllare le loro condizioni di vita.
(Laverack, 2020). Fonte dors.it
E voi cosa ne pensate? Quale di questi spot diffondereste? Dove? Ne conoscete altri?
A voi la mossa…
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