Cassandra & The Social Dilemma [1]

Penso che molti di voi abbiano visto The social dilemma (ieri al 4° posto dei più visti su una nota piattaforma di streaming). Di questo documentario si sta parlando molto in generale, ma in particolare nel passaparola tra operatori dei servizi che si occupano di educazione, scuola, dipendenze, etc… Quindi ieri sera (messa a letto la malausseniana famiglia) me lo sono guardato.

Ad un primo brainstorming mi vengono tre parole: paura, furbizia, razionalità.

Paura. Il doc fa leva in modo abbastanza esplicito sulla paura rispetto al mondo dei social (pensate solo alla frase iniziale di Sofocle [2]) strizzando l’occhio allo spettatore promette di portarlo a scoprire i segreti dei social network, a tal punto che qualcuno potrebbe anche aspettarsi delle proposte. (Che ci sono in realtà, ma bisogna saperle cercare tra le righe, o meglio approfondire attraverso la campagna completa visibile qui.). Confidiamo però che il Covid abbia spazzato chi divide ancora on-line da off-line portandoci concretamente nell’On-Life.

Furbizia (in senso positivo). Il Dilemma ci porta tanti testimoni. (E qui non apro la storia dei testimoni nella prevenzione, ancora oggi si dibatte tra il sì e il no). In realtà tutti ci dicono la stessa cosa, sono tutti “pentiti” e ora ci raccontano i retroscena: gli algoritmi ci conoscono molto bene e ci influenzano in modo raffinato sia per gli acquisti sia per le opinioni politiche.

Razionalità. Il Dilemma parla fondamentalmente alla nostra parte razionale, pur tentando una qualche forma di storytelling, che però resta monco. Infatti, il racconto è intervallato dalla storia di una tranquilla famiglia americana dove si dibatte di tecnologia. Accadono delle cose che poi restano in sospeso. Per esempio, da educatore, mi piacerebbe sapere come il padre abbia parlato alla figlia minore dopo che lei ha rotto il contenitore che conteneva i telefoni della famiglia “sequestrati” dalla madre per salvaguardare il dialogo (ulteriore riprova dell’inutilità del proibizionismo senza condivisione). Il fatto che la voce critica della famiglia, la figlia maggiore, risponda al nome di Cassandra, non denuncia già una sconfitta? Non evidenzia il limite che avere l’informazione giusta non basta per modificare un comportamento? E allora addio Cassandra, profetessa condannata a predire la verità, ma a non essere creduta e quindi a non incidere sulle scelte (farà una brutta fine nel poema omerico e nel documentario).

Malgrado tutto Dilemma ha molti meriti ed è sicuramente da vedere.

Risvegliare e alimentare un dibattito a livello diffuso e non solo rinchiuso negli ambienti educativi e accademici è sicuramente un merito. Mette a fuoco alcuni temi già oggetto di testi e studi quali il mercato dell’attenzione, la raffinata conoscenza dei nostri gusti da parte degli algoritmi, la necessità di raccontare e di tentare di modificare la legislazione in materia, le possibili strumentalizzazioni delle fake news, …

L’aspetto che mi ha intrigato maggiormente è stato il richiamo alla necessità di rendere l’ambiente digitale “umano”. Mi ha intrigato perché credo che questa sia la sfida che aspetta tutti noi, ma in particolare chi lavora nell’educazione. Il concetto, tra l’altro già fortemente presente in The Game di Baricco, sembra essere un interrogativo attuale. Vi consiglierei, per bilanciare, di metterci accanto qualche altra visione che vi permetta di cogliere anche le sfumature che in Dilemma sono poco raccontate. Le cose più interessanti su questo verso le stanno proponendo i filosofi: vedetevi, ad esempio, Luciano Floridi in “Quale progetto umano per l’era digitale?” (Dura come Dilemma, ma l’hanno visto solo 12.000 persone circa).

Floridi sviluppa alcuni concetti che ci aiutano a leggere quello che Dilemma ci racconta: la differenza tra intelligenza e capacità di processare informazioni, il nostro vivere ormai immersi nelle informazioni, il fatto che la democrazia diretta sia un’illusione, …

C’è un punto di contatto tra i due video: entrambi denunciano una mancanza di regole per ritardi della politica e per interessi dell’economia, tanto che Floridi si spinge in una rischiosa proposta: rendere espliciti gli interessi delle corporation facendole interagire con i governi nel definire le regole, perché già lo fanno con il sistema delle lobby. In tal modo dovrebbero rispondere delle loro decisioni (non vi ricorda un dibattito sul trasformare gli utenti in partner protagonisti dei servizi alla persona?).

E per la prevenzione? Un altro interessante prodotto della stessa piattaforma, “The Great Hack”, ci racconta che le persone più influenzabili sono quelle con un basso livello culturale e con la tendenza a polarizzarsi su posizioni estreme. E’ un’ulteriore conferma al fatto che la prevenzione è un discorso culturale che coinvolge fattori differenti, ambienti, storie personali… Dove insomma saper moltiplicare gli sguardi, le capacità culturali e le skills sono più utili delle informazioni corrette, perché creano il terreno per andarsele a costruire.

Altrimenti, giriamo il mondo come tante Cassandre che dicono la cosa giusta, realizzano progetti validati, si arrovellano nel definire buone pratiche e poi non vengono ascoltati.

  1. Dilemma: argomentazione che si presenta come un’alternativa fra due ipotesi (Oxford languages)
  2. “Nulla che sia grande entra nella vita dei mortali senza una maledizione”

Centro Steadycam

C.so Michele Coppino 46/A

12051 Alba (CN) 0173 316210