Che cosa faremmo se, per prevenire le violenze domestiche, i nostri assistenti vocali (Alexa o simili) registrassero le nostre conversazioni e allertassero la polizia non appena litighiamo? E se un’agenda digitale ci aiutasse a migliorare, ricordandoci gli impegni, stabilendo degli obiettivi e segnalandoci quali parole è più appropriato pronunciare? Ci piacerebbe avere un’app in grado di leggere il volto delle persone e dirci se chi parla sta mentendo?
Negli scorsi anni abbiamo suggerito il romanzo “Il Cerchio” di Dave Eggers, uscito in Italia nel 2014, come un buon libro per leggere il crescente potere delle aziende digitali, una distopia che aggiorna “1984” ai tempi di Google. Ora vi segnaliamo “The Every”, pubblicato da Eggers nel 2021, che porta le idee del suo libro precedente alle loro estreme conseguenze.
Sono passati cinque anni: Il Cerchio (leggi Google) si è fuso con La Giungla (leggi Amazon) diventando “The Every”, una superpotenza digitale in costante crescita. Una ragazza, Delaney, si fa assumere dall’azienda con l’obiettivo di distruggerla dall’interno: proporrà idee talmente lesive della privacy e del libero arbitrio che, una volta trasformate in applicazioni, scateneranno, a suo parere, il rifiuto e la contestazione da parte della popolazione.
Invece le persone accettano. Noi accettiamo. La paura dell’incertezza, il desiderio di sicurezza, ma anche motivazioni nobili come la lotta alla criminalità o la salvezza del pianeta portano, nel romanzo, alla progressiva estensione del potere di Every sul mondo.
The Every, come già Il Cerchio anni fa, ci racconta la seduzione del controllo. Se le possibilità sono troppe, come scelgo? Se la nostra vita è un caos, come metto ordine? C’è un controllo orizzontale: nel libro le persone usano un’app per “shammare” (cioè riprendere e segnalare alla gogna social) chi commette un’infrazione o una semplice dimenticanza. E’ la reputation elevata a sistema sociale, già raccontata meravigliosamente nella terza stagione di Black Mirror (episodio Caduta libera) e tristemente conosciuta da chi gestisce un’attività commerciale.
E c’è il controllo verticale: le leggi e le limitazioni che nel libro rendono sempre più difficile la vita ai trog, ovvero alle persone che rifiutano di essere costantemente connesse. I chip che tracciano i bambini, in modo da sapere sempre dove sono (ma guarda un po’… ) Ma anche lo smartwatch (“Oval” nel libro) che ti organizza la vita (incredibile!) e gli algoritmi che, in modo più o meno gentile, suggeriscono comportamenti e acquisti, inchiodandoti a poco a poco alle tue scelte precedenti. Come nella terza stagione di Westworld, l’algoritmo non ti dice chi sei, ma “chi ti faranno diventare”.
Il romanzo di Eggers, nella sua caricatura grottesca del presente, lascia poco spazio ad un’alternativa: anche le voci contro (la prof.ssa Agarwal, alter ego della Shoshana Zuboff autrice de “Il capitalismo della sorveglianza”) finiscono inglobate nel sistema.
Ma è davvero così? Pier Cesare Rivoltella e Chiara Panciroli invitano, nel loro “Pedagogia Algoritmica” (Scholè, 2023), a preferire la speranza alla paura, promuovendo “una cultura dell’Intelligenza Artificiale per rendere i soggetti abili a conoscerne e usarne il linguaggio e le logiche”. Mentre il sociologo Fausto Colombo, in “Ecologia dei media” (Vita e Pensiero, 2020), ci riporta alla funzione originaria della comunicazione: quella di “legame” che ci accomuna in una “grande collettività che attraversa il tempo”.
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