In tutti i mondi della fantasia il rischio è di perdersi. Lo raccontava già Michael Ende nel suo ormai classico La storia infinita. Un bambino un po’ grassoccio, poco “cool” e bullizzato, si nasconde in una soffitta con un libro (avete letto bene: un libro, non un social e non un videogame), intenzionato a non tornare più a casa. Attraverso il libro accede al mondo di Fantàsia e lì si perde: avventure, personaggi attraenti, possibilità di essere un altro (anche attraverso una trasformazione fisica), totale libertà di azione. Un mondo dove ogni desiderio realizzato lo costringe a dimenticare qualcosa del mondo degli uomini, tutto alla ricerca del desiderio fondamentale: che cos’è che vuoi veramente?
Ovviamente non vi sveleremo come Bastian riuscirà a ritrovare la via del ritorno, ma spesso nel lavoro con i genitori portato avanti in questi anni nei nostri laboratori sul territorio ci siamo trovati di fronte a domande relative a regole e buone prassi per affrontare un uso incontrollato delle tecnologie, sino a richieste più delicate rispetto ad inquadrare il fenomeno del ritiro sociale in adolescenza.
Come operatori abbiamo cercato di costruire conoscenza su tendenze/ mode giovanili e nuove problematicità, sia attraverso l’esperienza diretta sul campo che approfondendo studi e ricerche condotte in questi anni sulle ricadute dell’uso del digitale in ambito sociale, pedagogico e psicologico
Ma quando parliamo di ritiro sociale di cosa stiamo parlando?
Il libro: “Il ritiro sociale degli adolescenti. La solitudine di una generazione iperconnessa” curato da Matteo Lancini, si inserisce in questo panorama e racchiude anni di lavoro con famiglie e adolescenti degli operatori dall’Istituto Minotauro di Milano.
Il testo approfondisce e sistematizza in maniera chiara i fenomeni che molto hanno preoccupato gli adulti in questi anni (cyberbullismo e sexting) sino ad arrivare ad inquadrate il tema del ritiro sociale in adolescenza, provando a dare risposte ad alcune ipotesi di partenza:
“Ci sono dei paralleli tra i ritirati sociali in Italia e gli Hikikomori Giapponesi? Con quali caratteristiche si presenta il fenomeno? C’è una questione di genere? Esistono diversi livelli di gravità del ritiro sociale? Quali proposte di lavoro e quali cambiamenti vengono richiesti a famiglie, insegnanti e terapeuti di fronte a questo difficile e angoscioso sintomo?”
Ma soprattutto: “la tecnologia è la causa o un’ancora che tiene in piedi una forma differente di socializzazione per questi ragazzi, altrimenti non possibile?”.
Nel libro si parla di tutto questo in modo accessibile, fornendo una linea di lettura del problema supportata da casi clinici seguiti in questi anni. Una parte importante viene poi dedicata alla prevenzione e alla scuola, per concludere e rilanciare con una riflessione (critica ma costruttiva) sulle contraddizioni del presente e le sfide per ripensare un futuro desiderabile dalle nuove generazioni.
Come sempre entrare nel mondo degli adolescenti ci mette in gioco come adulti responsabili e attenti per ritrovare insieme la strada del ritorno.
Buona lettura!