E’ capitato con Sanpa e sta di nuovo succedendo.
La messa in onda della docuserie Sanpa, a inizio di quest’anno, aveva riacceso un forte dibattito sul tema delle dipendenze, sia tra gli operatori che tra i cittadini (ne abbiamo parlato anche noi qui).Non sappiamo se la neoconvocata Assemblea Nazionale delle Droghe che latitava da 10 anni (l’ultima era datata 2009 ed è prevista dalla legislazione ogni 3 anni) sia stato anche una conseguenza di questo dibattito, insieme alle continue richieste di operatori e associazioni, ma sicuramente ha favorito incontri, webinar e riflessioni sul tema.
E adesso ricapita. Per lanciare la terza stagione della serie Sex Education, una nota casa di produzione e diffusione in streaming decide di usare, oltre alle modernissime strategie di digital marketing, anche i buoni vecchi manifesti.
Destino vuole che la serie esca in concomitanza con le elezioni amministrative, ed ecco che a Milano si risveglia il dibattito politico (vedi qui) che ovviamente si polarizza sull’opportunità o meno di esporre i minori ad immagini che alludono esplicitamente ai genitali. La questione diventa chiaramente ideologica, tra forze che si ergono a paladini della famiglia e della morale e forze che propugnano la necessità di fare educazione sessuale senza se e senza ma.
Nessuno a soffermarsi sul messaggio (“se la/lo vediamo in forme diverse è perché non ce n’è una sola, ognuna è perfetta anche la tua”) direi del tutto condivisibile. Quanto sarebbe bello se questi manifesti fossero marchiati con un logo di un’azienda sanitaria, piuttosto che del Ministero della Salute e se rimandassero a possibilità per ragazzi e adulti di partecipare a percorsi sulla sessualità. Perchè purtroppo c’è chi ancora pensa che l’educazione sessuale debba essere fatta in famiglia (!) dove è difficilissimo parlare di questi temi ed è difficile che i genitori siano preparati e attenti. Quindi, nel dubbio, ci indignamo mentre i nostri figli si “informano” su Netflix e Pornhub (se hai coraggio clicca qui).
Forse a livello di servizi educativi e sanitari, in alleanza col mondo della scuola, bisognerebbe fare una seria riflessione e introdurre percorsi strutturali e diffusi di educazione sessuale, invece di limitarsi ad interventi a macchia di leopardo dovuti alla buona volontà dell’associazione X o del servizio Y.
Come fare educazione sessuale nelle scuole? Come aiutare i ragazzi a fare i conti la propria immagine corporea nell’era di Instagram e Tik Tok? Come accompagnare i nostri figli verso una visione del sesso che vada oltre il porno? Come dare un senso alle relazioni corporee all’interno delle proprie esperienze sociali?
Se una serie come Sex Education aiuterà questo dibattito, ben venga; altrimenti aspetteremo la stagione 4 e la nuova polemica.